Concorso Scuole

Laura e Magdalena Gonzenbach

 

Nell’ambito del concorso “Laura e Magdalena Gonzenbach” – Dalla Fiaba all’Immagine – indetto dall’Associazione Culturale Italo-Tedesca di Messina, a proposito di una riflessione su LA LINGUA E CULTURA TEDESCA IN SICILIA DALL’OTTOCENTO AD OGGI (Deutsche Sprache und Kultur auf Sizilien vom XIX. Jahrhundert bis heute), si aggiudica il primo premio – una targa d’argento –  l’alunna Marta Mammana della classe IVD del Liceo Linguistico.

La premiazione ha avuto luogo a Messina il 9.12.2010.

I partecipanti al concorso: le alunne delle classi IVB (Marzia CARACO', Federica CINA', Martina Grazia CORRAO, Martina PINTAUDI, Roberta SCOLARO, Iryna TRIPODO), IVC (Maria Martina FABIO) e IVD (Marta MAMMANA, Annalisa PASTORE) e un gruppo di alunni della IB (Stefano SANFILIPPO) e IC (Francesca CORTOLILLO, Simona FABIO, Erica FERRO, Cristina GERBINO, Melita LENZO STANCAMPIANO, Serena MAGISTRO, Daria MUSARRA, Carmen TORCIVIA) del Liceo Linguistico. 

Ecco parte dei lavori presentati al concorso dagli alunni, tra cui l’elaborato della vincitrice.

 

 

Maria e il principe che non la volle credere morta

Dalla lettura ed elaborazione della fiaba di Laura Gonzenbach

Maria, die böße Stiefmutter und die sieben Räuber

 

C’era una volta un signore che aveva una figlia di nome Maria. Come il padre di Cenerentola, era rimasto vedovo. Egli aveva solo Maria al mondo, la sua ragion di vita. Maria era diligente e frequentava una signora, presso la quale imparava a cucire e a ricamare. “Sono senza dubbio più fortunata di Cenerentola”, pensava. Certo che era più fortunata, quella poverina, all’epoca, non faceva altro che sgobbare da mattina a sera per la matrigna e le sorellastre tra cenere e carbone. La signora, invece, insegnava a Maria un mestiere. La sera, quando per Maria era ora di tornare a casa, la signora le raccomandava di portare i suoi saluti al padre.

Il padre, sentendosi lusingato dal modo affabile, con il quale la signora gli mandava

i saluti, decise di sposarla. Sì, aveva trovato proprio la donna giusta per lui. Già, una donna per lui, non una madre amorosa per la figlia. Osservando la matrigna, che dopo il matrimonio aveva, oramai, assunto un atteggiamento alquanto scontroso nei confronti della ragazza, Maria non poteva fare a meno di pensare: ”Non farò mica la stessa fine di Cenerentola? Toccherà anche a me pulire e tenere da sola tutto in ordine?” Ma, il problema della matrigna andava ben oltre il semplice aiuto domestico: si era convinta che mantenere la ragazza le costasse troppo e che, quindi, bisognava eliminarla. Si rivolse così al marito, ma questi non si sentiva di uccidere la figlia e decise di abbandonarla lontano da casa, affinché non trovasse più la via di ritorno, un po’ come fece il cacciatore che evitò di uccidere Biancaneve e che, contravvenendo a quanto ordinatogli, la lasciò libera di vagare nel bosco. La moglie, ovviamente, era d’accordo con il marito sul piano abbandono-di-Maria-nel-bosco. Maria, per fortuna, era una ragazza sveglia e aveva avvertito che nell’aria c’era qualcosa di strano, poiché il padre l’aveva svegliata prestissimo, mentre lei era solita dormire qualche oretta in più. Così, quando il padre le disse che dovevano andare nel bosco per raccogliere della legna, Maria, per ogni evenienza, si munì, come avevano fatto in passato Hänsel e Gretel, di sassolini bianchi. Lungo il tragitto Maria faceva cadere di tanto in tanto qualche sassolino. Giunti sull’orlo di un precipizio, il padre fece in modo che il pane, preso la mattina con lo scopo di lasciarlo a Maria, gli scivolasse giù nel burrone. Maria si disse subito disponibile e scese in fondo al precipizio a recuperare il pane. Una volta risalita, però, il padre non c’era più, neanche fosse sparito nel pozzo della signora Holle. Lì per lì Maria cominciò a piangere, ma poi, ricordandosi dei sassolini bianchi lasciati cadere per la via, si fece coraggio e ripercorse il sentiero per tornare a casa. Non appena la matrigna la vide rincasare, le salì il sangue alla testa. Maria non si meravigliò più di tanto della rabbia della matrigna. D'altronde conosceva bene quel tipo di rabbia, perché aveva già sentito dire, di quanto furono in collera la matrigna di Biancaneve, la matrigna di Cenerentola, la matrigna di Hänsel e Gretel, per non parlare di tante altre: la strega della Bella Addormentata o la strega di Raperonzolo. Maria era felice di essere ritornata a casa e lo era anche il padre. La matrigna continuava, però, ad istigare il marito contro la figlia, fino a quando non lo ebbe convinto di abbandonarla di nuovo nel bosco. Il padre, sottomesso alla moglie, chiamò di buon ora Maria e si misero in cammino. Questa volta Maria, fiduciosa del fatto che il padre non si volesse liberare di lei, non portò nulla con sé. Ebbene, giunti al margine di un precipizio, ancora più profondo del precedente, il padre con la scusa del pane ingannò ancora una volta Maria e la lasciò da sola. Eppure Maria se lo doveva aspettare! Quante ragazze erano state prese in giro in passato con dei pretesti banali da dubbi personaggi? Le vennero in mente il fuso, con il quale si punse la Bella Addormentata, la mela avvelenata, mangiata da Biancaneve, i dispetti fatti a Cenerentola per evitare che potesse andare al ballo. “Basta!” si disse, “devo essere forte, coraggiosa e cercarmi una sistemazione.” Trovare una via di uscita non fu per niente facile: si addentrava sempre più nel bosco. Finalmente, in mezzo agli alberi, scorse una lucina. Avvicinandosi vide che era la luce accesa di una modesta casetta. Sebbene avesse un po’ di timore, entrò in casa e vide in cucina la tavola apparecchiata per sette persone e, nella camera adiacente, sette comodi letti con lenzuola di un bianco candido e coperte color bordeaux. “Che mi trovi nella casetta dei sette nani?” pensò per un attimo. “Ma no, cosa vado a pensare: l’arredamento è di misure assolutamente normali!” si disse. Comunque stessero le cose, si riposò per qualche ora e poi si nascose in cantina. Verso sera sentì arrivare qualcuno e capì che erano i proprietari di quella casa. Erano appunto in sette ad abitare quella casa e, dai loro discorsi, venne fuori che non solo erano fratelli, ma che erano pure dei briganti. Maria non si preoccupò oltre: in tutta questa storia non aveva nulla da perdere. In ogni caso, rimase nel suo nascondiglio fino al giorno seguente. Il mattino dopo, i briganti fecero colazione e uscirono tutti, eccetto il fratello più piccolo, incaricato di fare la spesa e di cucinare. Appena si allontanò di casa anche questi, Maria fece a sua volta colazione, riordinò la casa e preparò il pranzo. Al ritorno, trovando la casa linda e il pranzo pronto, il brigante pensò che la loro casa fosse abitata da qualche presenza magica, una fata forse. Era l’unica spiegazione che riusciva a darsi. All’ora di pranzo, quando i fratelli furono a tavola, il più piccolo raccontò ciò che era accaduto. Mentre si guardavano increduli, il fratello maggiore scese in cantina e grande fu la sorpresa, quando incrociò lo sguardo di Maria. Gli sembrò una fata, tanto era bella. Chiamò i fratelli, i quali ancora increduli osservavano Maria. Ovviamente, vollero sapere di lei e di come fosse giunta nella loro casa. Maria spiegò loro ogni cosa e la sua storia commosse non poco i briganti, i quali le proposero di restare con loro, come fosse loro sorella. In cambio Maria avrebbe badato alla casa, cucito e lavato per loro. Sapeva per esempio che Strepitolino aveva preteso la primogenita di una ragazza, una volta che era divenuta regina, in cambio del suo aiuto. Quindi l’offerta dei briganti le parve del tutto equa. In qualche modo Maria era la regina di quella casa. I giorni trascorrevano tranquilli e sereni. Maria si sentiva in pace in mezzo alla natura. Un giorno, però, passò di lì una vecchietta, la quale chiese a Maria di farle l’elemosina. In realtà, Maria non aveva molto da darle, ma, poiché era estremamente generosa, le offrì da mangiare e da bere. Conversò con la vecchietta e fu così che questa venne a sapere della triste storia di Maria. Oltre ad essere generosa, Maria era anche molto ingenua. Dimenticò, infatti, che non bisognava dare troppa confidenza agli sconosciuti. Chi si era spacciata per vecchietta non era altri che un’amica della matrigna. Maria non pensava più da tempo alla matrigna, invece questa sentendo dire in giro che la ragazza, pur non possedendo niente, viveva come una regina e godeva dell’ammirazione di sette uomini, rosicava dall’invidia. Già, le sorelle di Cenerentola erano invidiose, la matrigna della Bella Addormentata lo era e lo erano anche altre. L’Invidia si era completamente impossessata della matrigna di Maria. Spinta da questo orrendo sentimento la matrigna incaricò l’amica di indagare su Maria, affinché questa le potesse confermare o smentire le voci che correvano sulla figliastra. Ebbene, tutto era vero; Maria viveva come una regina, era straordinariamente bella, generosa, ammirata e amata dai fratelli che aveva acquisito. Quando la matrigna sentì quanto le rapportava l’amica si ricordò di come aveva agito la strega di Biancaneve ed escogitò un suo piano. Disse all’amica di portare un anello a Maria per ringraziarla della generosità dimostrata nel momento in cui le aveva chiesto l’elemosina. L’amica ritornò, quindi, nelle solite vesti di vecchietta da Maria, per portarle l’anello in dono. L’anello, però, era sotto il malefico influsso della matrigna e non appena Maria lo ebbe infilato al dito, cadde a terra priva di vita. La vecchietta si allontanò velocemente da quella casa e, per il lavoro svolto, fu ricompensata dalla matrigna con del danaro. Intanto, i briganti, avendo perso Maria, erano inconsolabili. Per la ragazza costruirono la bara più bella e sontuosa che si potesse immaginare e, per non nascondere la straordinaria beltà di Maria, chiusero la bara con un coperchio in vetro di cristallo. Era chiaro che i sette fratelli non volevano seppellire Maria. Decisero, piuttosto, di portare la bara in città nel castello del re, facendola tirare da nove splendidi cavalli bianchi. Al passaggio della bara, gli animali del bosco, commossi, commentavano tra di loro: “Non è giusto che una ragazza così bella debba morire così giovane.” E chi conosceva la storia di Maria sentiva ancor di più stringersi il cuore. Il più inconsolabile fu, alla fine, il principe, quando scoprì il corpo di Maria senza vita in quella bara. Non riusciva a comprendere che una creatura tanto meravigliosa potesse essere morta. La bara, infatti, era stata trovata nella stalla del palazzo reale. Immediatamente ne fu data comunicazione al re, il quale mise al corrente dell’accaduto anche il principe, suo figlio. Per due giorni il principe non si staccò dal cospetto di Maria. Il re e la regina erano preoccupatissimi per la salute del figlio, che si rifiutava perfino di mangiare. Il terzo giorno il principe, più triste che mai, prese la mano di Maria per accarezzarla, quando le notò l’anello al dito. Era un anello di granati e, quasi inconsapevolmente, glielo sfilò. Nel momento in cui il principe tolse quell’anello a Maria, la fanciulla riprese a respirare. Pian piano si sollevò, bella come sempre, e si guardò intorno. Vide il principe, che ancora stordito da ciò che stava succedendo, la guardava con stupore. In verità, lo stupore nasceva anche dal fatto che il principe aveva sì sentito parlare di mele avvelenate, ma non certo di anelli che potessero sortire un effetto simile. Allora pensò: “Quella della mela, se non erro, era la fiaba di Biancaneve e i sette nani ma questa è la mia fiaba, quella di…

– “Come hai detto che ti chiami?”

– “Maria.”

…Maria e del principe che non la volle credere morta”. Passarono pochi minuti, il principe fece chiamare il re e la regina e, in loro presenza, chiese la mano di Maria. Maria accettò; fin dall’istante in cui aveva visto il principe aveva avvertito come delle farfalle nello stomaco. Il principe era lo sposo ideale. Il re e la regina erano contentissimi: il loro figlio aveva trovato l’amore e la felicità con la donna, della quale si era innamorato.  Per molti anni ancora Maria e il principe vissero felici e contenti.

                                                  

(Marta Mammana)