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Mercoledì 18 Gennaio 2006 -  Incontro con il dott. Francesco Blancuzzi

Fumi? No respiro

 

Il dott. Francesco Blancuzzi

dott. Francesco Blancuzzi

In data 18 gennaio 2006 nella palestra del Liceo Classico-Linguistico, nell’ambito di un vasto progetto incentrato sulla salute, curato dal prof. Paolo Accetta, si è tenuta la conferenza sul tema: “Fumi? No respiro”, relatore il prof. Blancuzzi, psichiatra della U.S.L. di Sant’Agata di Militello . L’incontro si è aperto con una concisa ma puntuale introduzione del prof. Accetta che ha presentato il tema della conferenza spiegando l’importanza del dibattito quale elemento fondamentale per la crescita e l’arricchimento culturale degli studenti. Il prof. Blancuzzi, prima di intraprendere la discussione sul tema centrale della giornata, ha illustrato il modo in cui l’adolescente deve accostarsi all’argomento della tossicodipendenza, basando il proprio intervento su un discorso di tipo culturale, preferendolo al consueto nozionismo. Il professore continua dando anzitutto una definizione di vizio o dipendenza che descrive come un’azione che il soggetto è spinto a ripetere periodicamente che provoca in noi piacere citando alcuni esempi espressivi. Il vizio quindi, prosegue Blancuzzi, appartiene ad una sfera sensoriale che non è completamente sotto il nostro controllo. Spesso l’avvicinarsi ad una sostanza alcolica è dovuto ad un momento di problematiche personali, in cui la sostanza in questione ci gratifica portandoci a ricorrervi per ottenere piacere. Blancuzzi, spiega inoltre la dipendenza paragonandola ad un amore di tipo infantile, composto da una costante ed equilibrata presenza d'amore ed odio. Lo scopo perseguito dalla nostra mente, è dunque, la gratificazione che è spesso soppiantata da un nutrimento indiscriminato e maggiore in quanto questo occupa il posto di ciò che manca in assenza di gratificazioni. E’ chiaro quindi, come la dipendenza divenga un modo di raggiungere la gratificazione nel modo più semplice possibile senza sviluppare quella progettualità continua che si trova alla base di gratificazioni che richiedono un costante apporto d'impegno e fatica. La tossicodipendenza diviene per questo motivo, continua Blancuzzi, un reale stile di vita volto alla facile gratificazione. Alla fine del suo intervento il professor Blancuzzi riceve un ampio consenso dall’intera popolazione scolastica presente alla conferenza, che ha seguito l’incontro con costante attenzione. All’apertura del dibattito i numerosi ed interessanti interventi, si concentrano soprattutto sui temi della famiglia e dell’affetto, quali elementi fondamentali all’interno di situazioni di tossicodipendenza alla base delle quali, come afferma il prof. Blancuzzi, si riscontra sempre un disinteresse della famiglia che spesso esclude del tutto tali situazioni, rifiutando spesso l’idea di avere un figlio tossico dipendente che non può essere l’ambiente ideale per il recupero di queste situazioni. Alcuni studenti chiedono al professore delucidazioni circa l’importanza delle mode e delle amicizie nella tossicodipendenza. Gli aspetti, secondo il dott. Blancuzzi, sono strettamente connessi, in quanto la tossicodipendenza è spesso l’arma attraverso la quale i soggetti più deboli vogliono sopperire alle mancanze caratteriali e affettive ed inserirsi all’interno di un gruppo. Spesso, infatti, il drogarsi in gruppo stabilisce tra i partecipanti un legame talmente forte da trasformare il passaggio delle siringhe o del più semplice spinello in un rito vero e proprio. Altri interventi hanno toccato le posizioni della Chiesa sull’argomento che sono state disapprovate dal prof. Blancuzzi,che ha trovato in alcuni precetti ecclesiastici la testimonianza di una mancata evoluzioni della Chiesa riguardo un tema così attuale come quello della tossicodipendenza. Brillante e coinvolgente l’intervento dello studente Luca Faranda, che con esempi ricercati e molto espressivi ha toccato un argomento importante come il bisogno di trovare in una sostanza, il supporto ed il modo di evadere da particolari situazioni. Blancuzzi, apprezzando l’intervento, ha concordato con lo studente che l’importante è non oltrepassare mai il limite in cui assumere queste sostanze. La conferenza è stata molto apprezzato dagli studenti che, soddisfatti dell’incontro, hanno trovato risposte ad un tema così attuale che è spesso boicottato da una società che crede d'essere padrona dei valori fondamentali della vita ma che, senza un mirato intervento di sensibilizzazione a questo tipo di problemi, e soprattutto alle loro cause, rischia di ritrovarsi senza un obiettivo preciso che fa capo a quella progettualità che garantisce all’uomo di non deviare dalla strada maestra.

Marco Vito - 3 B Linguistico

Parlare di dipendenza vuol dire comprenderla e non criminalizzarla. La dipendenza è una domanda dell’io, un’esigenza cui non possiamo fare a meno, è un nostro modo di essere. Il nostro cervello si gratifica se gli inviamo ciò che vuole. Per quanto riguarda il fumo, esso è solo una bomba di nicotina che arriva al cervello e ci gratifica. La sigaretta deve essere vista per quello che è realmente ovvero una dipendenza che provoca gravi problemi alla nostra salute. Il fumo, l’alcol, la droga sono solo delle illusioni, delle apparenti gratificazioni.

 

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Nei ragazzi che fanno uso di sostanze stupefacenti c'è un'assenza totale di progetto, un deserto spaventoso, l’unica oasi è la cocaina.

La droga non è solo una sostanza incontrata per caso, è un modo di vivere, di abbandonare la strada dell’impegno, del sudore, per cercare una gratificazione senza spendere nulla. Un modo per stare lontani dalla droga è realizzarsi culturalmente, relazionarsi con gli altri costruendo dei rapporti affettivi profondi e maturi, anche amare non vuol dire dipendere da qualcuno, anzi possiamo parlare di “vero amore” solo quando siamo in grado di vivere anche senza aver vicino la persona amata! Quando si parla di dipendenza non dobbiamo pensare solo agli stupefacenti, ma anche ai cellulari, videogiochi, o a qualsiasi altra dipendenza che ci appaga. Per tutte le dipendenze esistono un trattamento psicoterapeutico, il recupero è lungo e difficile, l’unica soluzione è cambiare radicalmente stile di vita, amicizie, ambienti per ridurre il rischio di ricadere nella dipendenza. La dopamina è un prodotto naturale emesso dal nostro organismo quando ad esempio svolgiamo un'attività con passione, pertanto non è necessario ricorrere a sostanze esterne e nocive al nostro organismo. Una forma d'uso illecito di sostanze è il doping; esistono addirittura delle sostanze dopanti, come il testosterone, che riescono ad aumentare il rischio di cancro.

Per quanto riguarda la tossicodipendenza, la famiglia svolge un ruolo fondamentale sia nella prevenzione sia nel recupero; quello che permette al ragazzo di entrare nel tunnel della droga non è un’educazione rigida ma il permissivismo. La maggior parte dei tossici appartiene a famiglie disagiate, con gravi difficoltà economiche, di conseguenza il piccolo consumatore diventa spacciatore che cerca di gratificarsi guadagnando facilmente. Vediamo che la frustrazione, il disagio, spinge a rifugiarsi nella droga, e il suo uso è favorito dal fatto che spesso nelle grandi città esistono molte possibilità per ottenere facilmente droghe, come il crack, a basso costo.

Non sempre è facile uscire dal tunnel della dipendenza anche perché i genitori si cullano sul fatto che le cosiddette “droghe leggere” siano innocue. In questi casi i genitori non devono fungere da “amici”, ma devono imporsi prima di tutto come educatori instaurando tuttavia un dialogo con i figli.

Agli inizi degli anni ottanta, era usanza comune a tutti i drogati scambiarsi le siringhe, proprio perché il drogarsi era inteso “culturalmente” come un atto d'unione e condivisione. Quest'atteggiamento portò alla diffusione di malattie gravi come l’epatite C e l’AIDS. Invece negli ultimi tempi questo fenomeno sta scomparendo anche perché i giovani preferiscono sniffare la cocaina.

La tossicodipendenza non ha età; ad esempio i giovanissimi intraprendono il tunnel della dipendenza proprio per sentirsi adulti in fretta o a volte anche per compararsi agli altri, per non sentirsi inferiori.

Come tutti sappiamo, un uso prolungato della droga, provoca seri problemi, ma purtroppo, la ricerca scientifica sulle malattie provocate dalla droga non è finanziata, a causa degli enormi costi. L’esperienza, però, dimostra che l’uso prolungato della marijuana provoca la schizofrenia.

Per quanto riguarda l’AIDS, e soprattutto la sua diffusione, la chiesa ha le sue responsabilità dal momento che ancora oggi continua a vietare l’uso del condom anche in un paese, come l’Africa, dove nemmeno si conosce la parola “prevenzione”. Inoltre, spesso si ripone una fiducia troppo esagerata nelle preghiere... La fede può aiutare, confortare, chi ha il privilegio di credere, ma la tossicodipendenza è per lo più un problema di convinzione mentale, da risolvere, oltre che con i farmaci e l’aiuto altrui, anche con una consistente dose di forza di volontà.

 

 

Cunsolo Isabella e Scaffidi Caterina

5 B Linguistico

 

 

       

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